RASSEGNA STAMPA DEL CORTEO “FERMARE L’ESCALATION” DEL 21 OTTOBRE A SAN PIERO A GRADO

RASSEGNA STAMPA DEL CORTEO “FERMARE L’ESCALATION” DEL 21 OTTOBRE A SAN PIERO A GRADO

🔴  A livello nazionale l’interesse ad oscurare momenti di mobilitazione contro guerra e escalation militare come quelli di ieri è sempre più evidente. Da un lato i media mainstream lavorano sistematicamente per indirizzare l’opinione pubblica verso il sostegno alla guerra e la corsa al riarmo come uniche forme di tutela e di futuro possibili. Dall’altro si prova a invisibilizzare qualsiasi manifestazione di contrarietà ai massacri e ai conflitti globali che sempre più ci coinvolgono come anche qualsiasi rivendicazione di bisogni che non siano gli investimenti militari.

🔴 Ieri tutto il corteo ha sostenuto una radicale presa di posizione pacifista che si è manifestata concretamente con l’entrata determinata nei confini del CISAM dopo aver abbattuto collettivamente metri di rete. Questo momento è stato l’espressione di una volontà popolare condivisa dal corteo intero, sia dalle centinaia di persone che hanno raggiunto l’obiettivo di entrare insieme nel perimetro della futura base sia dalle tante persone che attendevano solidali in piazza prima di concludere insieme la giornata di mobilitazione. Raccontare in maniera falsata questo momento come un’iniziativa di un gruppuscolo di pochi subito bloccato dalle forze dell’ordine è un volontario tentativo di depotenziamento della giornata di ieri e delle possibilità del Movimento. Per questo è fondamentale la narrazione ampia e condivisa di ciò che si è dato ieri che già sta inondando la rete di foto e video e parole di tutt coloro che erano presenti con noi che stanno restituendo e diffondendo, oltre le parole dei media mainstream, la reale potenza di quei momenti.

Per questo invitiamo tutt coloro avessero fatto foto e video della giornata a condividerli con noi scrivendo in privato alle pagine social del movimento no base o mandando cartelle condivise alla mail movimentonobasepisa@gmail.com

L’importantissimo momento di ieri  non è che un passo in avanti per lo sfondamento di questo silenziamento mediatico e per la sempre più forte diffusione dell’idea che liberare concretamente e diffusamente i nostri territori dalla guerra è possibile riempendo le piazze, i territori di questa possibilità. 

👉Questo è il comunicato scritto dal movimento no base per la stampa
https://nobasecoltano.it/liberiamo-il-parco-dalle-basi-militari-e-le-guerre-invasa-la-base-cisam-a-san-piero-a-grado/


👉 Qui la rassegna stampa/video sull’importantissima giornata di mobilitazione di ieri.

Per una foto-cronaca della giornata 

Giornali



Tirreno

https://drive.google.com/file/d/1kzj0cJfdEfs6g6uVxQUclJnoe1vhcmDM/view?usp=sharing


Cascina notizie

https://www.cascinanotizie.it/no-alla-base-nel-parco-no-allescalation-bellica-medio-oriente-migliaia-corteo


Nazione

  1. https://drive.google.com/file/d/1JavbQD2CSjqLyNI9kcga_vNEqmd3eG8M/view?usp=sharing
  2. https://drive.google.com/file/d/15xhwWBZiowd1P0u88FdFjuB6xW2B4RY1/view?usp=sharing

Il Manifesto

https://drive.google.com/drive/u/1/folders/1QoRj9pWTsRKayM-ramIPuRJ8nizkGf0P

Video / tv

Video nazione su Invasione CISAM

https://www.lanazione.it/video/blitz-dei-no-base-dentro-area-cisam-a-pisa-k9ca4bi8?fbclid=PAAaYaD2ofBHA4eQQd-JsmzUYh7UOZBYlmtUzuAoHfEtmOo7cjRLxN0p7FPHo_aem_Ac4_qwMXpQ3h0-uvH4dvOfsHewzw7Vk-L43nJquTkapaCTIe2cW8OYPvhfFBR_E7zHM

Canale 50

https://50canale.tv/programmi/trasmissioni/tg-50-news


Rai News

https://www.rainews.it/tgr/toscana/video/2023/10/–fermiamo-lescalation-bellica-pisa-contro-la-guerra–b6c9dbff-370c-4738-bfa3-c35774c5763a.html?nxtep

Corriere Fiorentino

https://video.corrierefiorentino.corriere.it/pisa-in-duemila-alla-marcia-contro-la-base-militare-e-per-la-palestina-il-video/2d2843ca-e315-413b-b443-bade72e40xlk

Telegranducato

Pisatoday

https://www.pisatoday.it/video/base-militare-cisam-protesta-san-piero-pisa-21-ottobre-2023.html

Radio

Radiosonar

https://radiosonar.net/fermare-lescalation-in-migliaia-a-pisa-palermo-e-in-sardegna/

Radio

Liberiamo il Parco dalle basi militari e le guerre: Invasa la base CISAM a San Piero a Grado

Liberiamo il Parco dalle basi militari e le guerre: Invasa la base CISAM a San Piero a Grado

Comunicato stampa a seguito della manifestazione del 21 ottobre a San Piero a Grado

L’imponente corteo per “Fermare l’escalation”, promosso dal movimento No Base e partecipato da più di 5mila persone sotto la pioggia, è terminato con una invasione di massa che ha divelto le reti della base militare del Cisam, dove è prevista la nuova collocazione per la base militare dei Gruppi Intervento Speciale dei Carabinieri inizialmente pensata dal governo nella tenuta di Coltano.

Decine e decine di metri di filo spinato sono caduti facendo entrare, a poca distanza dai plotoni di forze dell’ordine, centinaia di persone in un’area fino ad oggi militarizzata e preclusa alla cittadinanza. Centinaia di persone hanno piantato su quel terreno bandiere della pace e del movimento no base, portando un duplice e chiaro messaggio: nessuna base in area che dovrebbe essere rinaturalizzata per nessuna guerra. Si è così conclusa la manifestazione, dopo aver affrontato una pioggia battente e dato voce alle tante esperienze e realtà sociali, transfemministe, sindacali e politiche che si sono unite contro l’escalation di guerra, tra cui realtà per la Palestina e anche il movimento per la liberazione del Kurdistan.
La presenza di movimenti territoriali, realtà pacifiste e in lotta per l’autodeterminazione dei popoli non si è fermata solo alla fortissima denuncia delle catastrofi che “guerra, armi e fossile” stanno producendo per tutta la società e l’ambiente, ma ha voluto mettere in pratica il messaggio che è possibile e necessario prendere posizione e parte attiva contro la pericolosa corsa verso una sempre più concreta possibilità di terza guerra mondiale. Un impegno collettivo quello assunto con la manifestazione del 21 ottobre: impedire che né un centimetro di suolo naturale e né un centesimo vengano destinati all’economia di guerra. Il corteo ha espresso con evidenza l’esigenza di un conflitto tra una variegata e determinata popolazione che vuole la pace, la democrazia e garanzie sociali e chi vuole portare avanti, nelle segrete stanze della istituzioni, i progetti di infrastrutture militari destinati da un lato a devastare i territori locali e dell’altro ad alimentare la guerra a livello internazionale. Una politica che porta svantaggi alle comunità locali ed esporta morte all’estero che deve essere invertita, per questo ribadiamo che la giornata di ieri è solo una tappa di un processo più ampio per fermare l’escalation.

Movimento No Base né a Coltano né altrove

Appello a una mobilitazione generale il 21 ottobre contro guerra, armi e fossile!

Appello a una mobilitazione generale il 21 ottobre contro guerra, armi e fossile!

Appello a una mobilitazione generale il 21 ottobre da FERMARE L’ESCALATION

PER SAPERNE DI PIÚ VAI AL SITO DI FERMARE L’ESCALATION

Ricondividiamo di seguito l’appello redatto come Fermare l’Escalation verso la grande mobilitazione del 21 ottobre che vedrà il nostro territorio attraversato da una grande manifestazione centrale per la nostra lotta contro la base (anche visti gli ultimi aggiornamenti), ma anche per l’espressione di un’opposizione chiara all’’escalation militare e patriarcale globale che stiamo affrontando, con conseguenze rovinose per i territori e le vite delle persone che li abitano e attraversano.

C’è una stretta connessione tra la militarizzazione dei territori in cui viviamo e le politiche di guerra che l’attuale governo conduce in continuità con quelli precedenti. Per questo la lotta contro la militarizzazione e la costruzione di nuove basi militari deve intrecciarsi con la lotta per fermare l’escalation globale verso la guerra. In tale prospettiva “Fermare l’escalation” nasce come processo di mobilitazione di diverse realtà di lotta politica, sindacale, sociale, ecologica, transfemminista, dell’associazionismo, del mondo antimilitarista, pacifista e di quello della giustizia climatica, dei nodi territoriali contro le grandi opere, i disastri ambientali ed il fossile. 

“Le guerre non scoppiano, si preparano”, è una delle espressioni che abbiamo pronunciato più volte: come possiamo fare in modo di costruire una fiducia nella possibilità di inceppare questa preparazione? 

L’escalation che stiamo affrontando è globale e ha conseguenze rovinose per i territori e le vite delle persone che li abitano e attraversano. In questa realtà fatta di schemi patriarcali, guerrafondai, capitalisti ed ecocidi vogliamo andare oltre ogni binarismo, contro Putin e contro la NATO, mettendo a tema quanto sia fondante la guerra per il sistema distruttivo in cui viviamo e per la sua riproduzione e quindi rifiutandola in tutti i suoi aspetti e dinamiche. 

Questo alle nostre latitudini si confronta, oltre che con il militarismo italiano, con la ripresa del nucleare civile e militare e con la con la presenza massiccia di basi e logistiche militari USA e NATO utilizzate per mantenere un ordine di dominio globale strategico i cui costi vengono pagati dalle popolazioni. 

Il controllo e l’investimento sulle fonti energetiche, soprattutto fossili, rappresenta uno dei modi attraverso cui si ridisegnano le sfere di influenza mondiali  dalle quali dobbiamo uscire, da est a ovest, da nord a sud. Le guerre ne sono naturale conseguenza: l’escalation militare in cui fossile e guerra sono intrecciate si configura come una forma di estrattivismo neocoloniale.

In maniera trasversale vediamo un irrigidimento ulteriore della cultura patriarcale e nazionalista e dei ruoli di genere ad essa associati, che trova massima espressione nella cultura della guerra e ne è fondamento. È in costante aumento la violenza di genere, perché la promozione del militarismo come unica prospettiva è alla base di ogni cultura dello stupro. Questo nel nostro paese si accompagna al restringimento dei diritti riproduttivi e genitoriali, che sta nel quadro di un attacco a questi diritti attivo in tutta Europa. 

L’economia di guerra sottrae risorse e possibilità alla popolazione: mentre miliardi vengono spesi in armamenti e militarizzazione assistiamo alla cancellazione del Reddito di Cittadinanza, tagli ai servizi ed al welfare sempre più privatizzato. La guerra è anche uno strumento per togliere risorse allə più deboli per accentrarle nelle mani dellə più ricchə: la speculazione finanziaria sui prezzi che ha provocato l’inflazione è solo un esempio tra gli altri.
C’è inoltre una guerra portata avanti da tempo dall’Unione europea contro i corpi migranti che produce morti, dispositivi securitari e una sempre maggiore militarizzazione delle frontiere.

In questo momento, per contrastare il governo e il partito unico della guerra, c’è l’esigenza di costruire a livello generale e nazionale un processo comune di mobilitazione contro l’escalation, che siaradicato in ogni territorio in maniera interconnessa e sinergica. In questo processo comune rientra la mobilitazione generale e nazionale del 21 ottobre, data in cui  ci saranno due manifestazioni: a Pisa e in Sicilia, precedute dalla giornata di sciopero generale contro la guerra e l’economia di guerra del 20 ottobre.

I punti centrali del processo di lotta,  conoscenza e organizzazione che vogliamo intraprendere riguardano: 

  • La cultura della pace contro quella della guerra e le forme di militarizzazione e disciplinamento negli ambienti formativi;
  •  Il dirottamento dei fondi del PNRR e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione verso nuovi investimenti per il riarmo e le fonti fossili;
  • Le occupazioni militari sui territori e la militarizzazione delle frontiere la libertà di movimento delle persone; 
  • Le conseguenze ambientali e sulla salute delle occupazioni militari e della dimensione complessiva di escalation bellica e militarizzazione nel suo legame con l’estrattivismo fossile;
  • L’aumento dei costi della vita in relazione ai salari e privatizzazione e/o assenza di servizi;

21 OTTOBRE MOBILITAZIONE GENERALE A PISA E IN SICILIA
#Fermarelescalation #21ottobrenoescalation
Fermare l’escalation, impedire una nuova base

Fermare l’escalation, impedire una nuova base

Novità dopo il tavolo interistituzionale, verso l’assemblea pubblica del 14/09

Il tavolo interistituzionale del 6 settembre ha visto emergere importanti novità ed un’accelerazione nel processo di militarizzazione e desertificazione del territorio Pisano.

Le istituzioni locali, dal Comune alla Regione, passando per il presidente del Parco, firmano a braccetto con i vertici militari dell’esercito, la svendita del territorio per una nuova inutile e dannosa infrastruttura militare. Non accetteremo nessuna logica di compensazione da chi vuole devastare “diffusamente” un’area vasta che va dal Comune di Pontedera fino a San Piero a Grado per alimentare la logica di Guerra

Quello che avviene a Pisa si inserisce in un quadro generalizzato di attacco al welfare del paese, contestualmente a una regressione della discussione pubblica, che mette sempre più al centro una cultura bellicista per cui la guerra non solo risulta necessaria, ma inevitabile, in spregio ai reali bisogni delle persone.

Per arrestare e capovolgere questa tendenza, insieme a tante altre realtà abbiamo avviato il processo per “Fermare l’escalation”, che vogliamo illustrare alla cittadinanza perché sia coinvolta nella costruzione di una grande mobilitazione generale che vedrà Pisa, in contemporanea con altri territori che sono nevralgici hub militari del Paese, scendere in piazza il 21 ottobre contro l’invio e la produzione di armi, la patriarcale cultura della guerra, la militarizzazione dei territori e le conseguenti devastazioni ambientali, per la salvaguardia dei salari e dei diritti di tutti e di tutte. 

La lotta contro la costruzione di una nuova base militare sul nostro territorio, che sia diffusa o concentrata in un unico luogo, passa anche dalla necessità di un radicale cambio di paradigma nelle politiche del governo e delle istituzioni locali, che devono rinunciare allo sfruttamento del territorio e delle sue risorse, umane e materiali, a favore dell’industria bellica e del sistema estrattivista, difeso e alimentato nei conflitti globali. Al contrario va rilanciato un piano di difesa e valorizzazione del patrimonio naturale a partire proprio dal Parco Naturale di San Rossore e vanno richiesti a gran voce investimenti per scuola, sanità ed edilizia pubblica con l’impiego di quegli stessi fondi per lo sviluppo e la coesione sociale che oggi anche l’Europa scandalosamente vorrebbe dirottati sulla produzione di armi e tecnologia militare.

Come l’impatto delle guerre globali ci coinvolge direttamente nella vita quotidiana, così la nostra reazione deve partire ed essere guidata dalle esigenze e dalle contingenze locali.

Invitiamo cittadini e cittadine, associazioni e collettivi a partecipare all’assemblea pubblica che si terrà giovedì 14 settembre 2023 alle 17:30 presso la piazza esterna del centro espositivo San Michele degli Scalzi e portare il proprio contributo per ripudiare la guerra e costruire collettivamente la pace. L’unica base sostenibile è quella che non verrà costruita. 

Muoversi nel conflitto in Toscana. Una piattaforma.

Muoversi nel conflitto in Toscana. Una piattaforma.

Report dall’Assemblea “ENERGIA, AMBIENTE, GUERRA. TERRITORI IN LOTTA CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Nelle pubblicità dell’industria turistica la Toscana è rappresentata come un luogo in cui ci si può immergere in una natura fatta di verdi paesaggi collinari, cipressi, vigneti, splendide spiagge e pinete, che offre cibi e vini rinomati. Chi vive e conosce il suo territorio, però, ha la consapevolezza che a questa immagine si contrappongono realtà drammatiche totalmente dissonanti con quella riproduzione oleografica. 

  La devastazione delle Alpi Apuane causata dall’estrazione del marmo. La costa a sud di Livorno divorata dal cemento per almeno 12 chilometri e gravi problemi di erosione dei litorali. Il progetto della pista di Peretola, per la cui attuazione si procede nonostante la bocciatura del TAR. Il progetto dell’autostrada tirrenica. Il piano di quell’ennesima grande opera dal terribile impatto ambientale che è la Darsena Europa. La riapertura, in Valdera, della discarica della Grillaia col conferimento di amianto. Tonnellate di fanghi tossici – scarti della lavorazione delle concerie di Santa Croce sull’Arno (KEu) – nascoste probabilmente con il supporto della ‘Ndrangheta nei sottofondi stradali o seppellite nei cantieri in numerose aree, dall’aeroporto militare di Pisa a Massarosa, Crespina Lorenzana e Peccioli, fino alle aree produttive di Pontedera e Bucine, la strada regionale 429 a Empoli, nella provinciale 26 in Valdelsa, ma anche vicino alla strada di Piantravigne nell’Aretino. Le maleodoranze a Stagno e Calambrone, nell’area del SIN da anni in attesa di bonifica, dove sorge la Raffineria ENI di Livorno. Questi fenomeni di occupazione e impermeabilizzazione di suolo sottratto all’agricoltura e alla vegetazione boschiva, di sconsiderata attività estrattiva, di inquinamento dei terreni e dell’aria con deposito ed emissione di sostanze chimiche e materiali tossici indicano lo stato di degrado ambientale della regione.

  Un degrado non accidentale, ma permesso da un sistema politico nel quale trasversalmente i partiti che governano le istituzioni locali privilegiano gli interessi di imprese e speculatori – e nel quale si introducono anche i poteri della criminalità organizzata – senza alcuna considerazione per la salute e l’incolumità delle persone che vivono nei territori, come dimostrato dallo scandalo Keu o dall’alluvione di Livorno del 2017, dovuta al drammatico connubio tra eventi atmosferici eccezionali – sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico – e il perdurante stato di  incuria e cementificazione. 

  Questa politica, però, oltre che il diritto a un ambiente sano, aggredisce anche i diritti di lavoratrici e lavoratori, voltando le spalle dinanzi alle drammatiche condizioni occupazionali, allo sfruttamento, all’insicurezza nei luoghi di lavoro  e in settori molto esposti ad ambienti tossici, come quelli conciario ed edilizio, in cui spesso – per altro – trova impiego la più ricattabile manovalanza immigrata. E, tuttavia, giustifica ipocritamente la necessità di mantenere o avviare attività distruttive per l’ecosistema proprio in nome del lavoro. 

  Quando, però, dismettere una produzione è interesse della proprietà, non c’è scampo alla disoccupazione. Proprio in Toscana hanno saputo dare grande risonanza alla denuncia e allo smascheramento delle mistificazioni di questo sistema politico i lavoratori della GKN, proponendo attivamente un piano industriale per la mobilità sostenibile e una legge contro le delocalizzazioni. Queste iniziative non hanno trovato alcuna sponda né in Parlamento né presso il Governo, in modo del tutto analogo a quanto accade sul piano locale, dove in generale e nel caso specifico gli esponenti politici al potere, oltre a dichiarare una rituale solidarietà di facciata, nulla hanno fatto per sostenere una proposta che non solo tutela il lavoro, ma costituisce un importante contributo per la riconversione ecologica di un’industria storicamente inquinante come quella automobilistica.

  Inoltre nella congiuntura storica attuale si deve registrare un dato dei processi globali che costituisce un punto di svolta di tale rilevanza da investire direttamente anche la nostra Regione: il conflitto russo-ucraino. Questo scontro, fondamentale per la ridefinizione dell’equilibrio geopolitico mondiale, è dunque oggi un fattore politico centrale, che determina un riordino di tutte le priorità in seno ai paesi che vi sono – direttamente o indirettamente – coinvolti.

  Ecco allora calare con prepotenza sul nostro territorio nuovi scempi, collegati direttamente ad essa. Innanzitutto il progetto della base militare di Coltano, una struttura enorme destinata a corpi scelti dell’esercito e già operanti in scenari bellici internazionali (GIS, 1° reggimento paracadutisti Tuscania, reparto centro cinofili), in un’area scelta perché già occupata da importanti strutture militari (Camp Darby, CISAM, COMFOSE, aeroporto militare di Pisa). I gruppi politici di destra e di centrosinistra al governo e all’opposizione nelle istituzioni locali e nazionali hanno ancora una volta dimostrato la loro subalternità ai poteri forti senza tenere in alcuna considerazione l’interesse e la volontà di chi vive il territorio, poiché hanno dichiarato che la base si farà. Stessa acquiescenza, d’altra parte, i medesimi schieramenti hanno manifestato per le infrastrutture previste – dal troncone ferroviario dalla stazione di Tombolo alla base, al terminal di carico e scarico, passando per il ponte girevole sul Canale dei Navicelli – che serviranno unicamente a velocizzare gli spostamenti di armi da e per Camp Darby (che, va ricordato, è la più grande base militare americana di tutta l’area euro-mediterranea nonchè il più grande arsenale USA all’estero). Questo elementi chiariscono bene come nella situazione odierna l’area pisana sia destinata a essere la maggiore piattaforma logistica militare del Paese  funzionale alle attività belliche , mentre si concedono spazi nelle scuole (in Toscana a Pisa e a Livorno) a organizzazioni che propongono corsi di ginnastica dichiaratamente ispirati alla disciplina militare (GDM) e mentre, ancora, un’istituzione prestigiosa come il Sant’Anna stipula una collaborazione con la Divisione Vittorio Veneto, con l’obiettivo di “sviluppare iniziative sui temi di sicurezza e gestione crisi”. 

  L’altro grande scempio è poi il rigassificatore di Piombino. Anche in questo caso la cittadinanza si oppone con determinazione per tutelare la sicurezza e le attività economiche locali, ma l’urgenza di reperire gas attraverso canali alternativi a quelli russi sembra giustificare questo grande progetto, anacronisticamente ancorato all’utilizzo di fonti fossili, proposto come soluzione a tutti i mali, in grado di arrecare un beneficio proprio alla collettività. Contemporaneamente, però, non si pone alcun argine alle speculazioni finanziarie sulla materia prima, né si tassano i sovraprofitti delle multinazionali dell’energia. La spesa per la difesa, invece, di cui è esempio la base di Coltano, favorisce proprio quelle multinazionali, perché i corpi militari speciali che lì si addestrerebbero sono inviati anche in missioni finalizzate a tutelare gli asset delle grandi aziende che, come l’ENI, sul fossile basano i propri elevatissimi profitti. L’Italia risulta essere il primo paese in Europa per spese militari connesse alla difesa di tali asset energetici. Altre significative voci di spesa, inoltre, vanno a beneficio anche dell’industria bellica. L’invio di armi in Ucraina è un grande favore a Leonardo, Fincantieri e altri. Tutto questo si verifica mentre la vita di milioni di persone in questo paese è e sarà sempre più attanagliata dal caro-vita, rispetto al quale il governo non ha implementato nemmeno le più timide misure necessarie ad alleviare il violento impatto dell’ impennata dei prezzi di prima necessità.

  In tante e in tanti eravamo presenti a Coltano l’11 settembre, in un’assemblea che ha riunito  lavoratrici e lavoratori, persone in cerca di occupazione, studente/i che appartengono ad associazioni, sindacati, partiti, movimenti, accomunate/i dall’esperienza diretta nel territorio e sul luogo di lavoro di queste realtà e delle loro conseguenze, che ricadono immediatamente sulle nostre spalle, nonché dalla partecipazione attiva nei diversi luoghi a processi di contrasto degli abusi e di tutela delle comunità di cui si è parte. Nel nostro incontro è emersa anche la comune capacità di individuare nei vari fenomeni un nesso che li unisce, una causa unica, ovvero il modello economico dominante, quello neoliberista, che sfrutta le persone e gli ecosistemi per arricchire gli speculatori dell’industria e della finanza, supportati da un sistema politico a tutti i livelli asservito ai loro interessi, sprezzante di ogni regola democratica, che impone in modo autoritario condizioni lesive dei nostri diritti, sfruttando la logica dell’emergenza per erodere ogni spazio di partecipazione e controllo democratico; capace di portarci anche in guerra senza alcun dibattito parlamentare per rappresentare quegli interessi.

  Oltre alla denuncia, però, si è delineata una visione alternativa di organizzazione dell’economia e dei rapporti politici e sociali.  Abbiamo condiviso la necessità di creare un sistema di produzione, riproduzione e cura che non si basi sull’accumulazione di profitti individuali, ma che sia orientato a soddisfare le necessità delle persone nel rispetto dell’ambiente, dall’agricoltura al sistema dei trasporti. Abbiamo rivendicato processi decisionali che si basino sulla  partecipazione popolare attiva alla vita politica, sociale, economica del Paese, che ci porta a rifiutare come inaccettabile prepotenza le decisioni calate dall’alto che ci danneggiano e ad assumere l’impegno di difendere i nostri diritti e la nostra dignità. Nei nostri mondi già sono in atto pratiche capaci di costituire un’alternativa positiva in questa direzione. Ma l’impegno, per noi, si estende anche alla necessità di essere solidali. Davanti a chi continua a farneticare di modelli competitivi, che spingono un territorio contro l’altro, chi lavora in un’impresa pubblica o privata contro l’altra, noi proponiamo invece la causa comune e il sostegno a tutte le istanze che ancora sono isolate o non hanno avuto la possibilità di essere formulate. Tutte le voci intervenute hanno indicato la via dell’unione delle vertenze. Di fronte a un sistema di potere determinato a espropriarci dei beni comuni indispensabili alla nostra vita, sappiamo di non avere altra alternativa che la convergenza. 

  Su queste basi abbiamo aderito all’iniziativa dei Fridays For Future, partecipando allo sciopero per il clima del 23 settembre scorso, che ci ha dato occasione di rappresentare in modo concreto, portando l’esempio delle nostre situazioni, i problemi e le proposte che anche la loro agenda rilancia. 

  Adesso, consapevoli della pluralità che attraversa questo spazio di discussione e relazione, ci impegniamo a ritrovarci per rafforzarlo e per individuare forme di azione collettive che ci consentano, a partire dalla nostra Regione, di far valere le nostre voci e di immaginare e creare gli spazi e le alternative di cui abbiamo bisogno.