Comunicato conclusivo del campeggio “Fermare l’escalation”.
Si è concluso positivamente il campeggio “Fermare l’Escalation”, tenutosi in località “Tre Pini” dal 13 al 16 Luglio, che è stato attraversato da centinaia di persone di realtà associative, collettive, sindacali, sociali e politiche, provenienti dalle città, dallo stivale e dalle isole.
Il campeggio è stato possibile grazie all’impegno di decine di militanti e decine di partecipanti che per tutta la settimana hanno lavorato per rendere accessibili e attraversabili i terreni dell’Università di Pisa. Sono stati predisposti bagni, docce, ponti sui fossi. Sono stati cucinati e serviti più di 900 pasti avendo cura e rispetto dell’ambiente. Centinaia di persone ogni giorno hanno potuto usufruire degli spazi del campeggio immerso all’interno del Parco Naturale ed esplorare la militarizzazione di quello stesso territorio in gran parte inaccessibile.
Rintracciare la produzione, riproduzione e decifrare la filiera bellica in ogni tassello che impatta sulla vita quotidiana delle persone è stato il motore del campeggio che ha avuto l’ambizione di immaginare un mondo senza filo spinato e senza guerre a partire dal blocco e dallo scardinamento della cultura militare in ogni sua forma.
In questi quattro giorni, densi di discussioni, iniziative e relazione, abbiamo affrontato i differenti nodi in cui la militarizzazione si esprime e abbiamo esplorato in modo composito e approfondito i legami tra il violento e rapido processo di escalation bellica con il cambiamento climatico, le devastazioni ambientali, le occupazioni militari, la cultura e l’economia di guerra, l’industria bellica e le ricadute sul piano sociale e lavorativo.
Abbiamo visto che è possibile bloccare, o almeno ostacolare, l’escalation nei luoghi della formazione, dalle scuole dell’infanzia alla ricerca, dove la guerra trova la sua legittimazione culturale, la produzione di nuove tecnologie e in cui radica le sue pratiche di arruolamento; nei territori che il capitalismo fossile depreda e svuota in funzione di nuove infrastrutture energetiche, che coincidono sistematicamente con gli investimenti militari nella costruzione di hub di guerra; sui posti di lavoro, dove i salari sono insufficienti a sostenere il carovita e il caro affitti dettati dall’inflazione; nei porti e gli aeroporti, snodi logistici del transito di armi; Nelle case, dove il lavoro di cura rende possibile la riproduzione delle dinamiche belliciste; Nell’investimento dei fondi pubblici per il riarmo e il sostegno all’industria bellica.
Per ogni nodo della produzione e riproduzione della filiera bellica sono state condivise forme di attivazione: dagli scioperi studenteschi al boicottaggio attivo dei progetti militari nelle scuole ed università, dai blocchi dell’invio di armi al contrasto degli hub energetici e militari, da praticare congiuntamente nel prossimo autunno.
Nella passeggiata di lotta di sabato sera una breccia é stata aperta tra le reti CISAM (Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari), dando la possibilità alle bandiere del movimento no base di sventolare nella porzione di Parco che dagli anni ‘50 è occupato militarmente, rimarcando la volontà di riappropriarsi dell’area e l’assoluta indisponibilità ad accettare una nuova base in qualsiasi forma e a prescindere da qualunque ipotesi di spacchettamento. Un messaggio chiaro indirizzato al tavolo interistituzionale che si terrà presso il ministero della difesa a Roma il prossimo 6 settembre. Nell’assemblea conclusiva della domenica si è espressa con entusiasmo e convinzione la volontà di proseguire collettivamente in questo processo di mobilitazione contro l’escalation bellica nel quadro di una cornice di analisi politica sempre più condivisa. Un primo passo in questa direzione è stata l’indizione di un momento di mobilitazione generale contro l’escalation bellica il 21 ottobre a partire dal territorio tra Pisa e Livorno e dagli altri luoghi che si metteranno a disposizione nei momenti di confronto, organizzazione e relazione dei campeggi previsti nel prosieguo dell’estate.
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Ci rivolgiamo all’Università di Pisa, al mondo accademico, della ricerca, della scienza e della formazione in relazione al campeggio “Fermare l’escalation” che promuoveremo a Pisa dal 13 al 16 luglio.
Nel momento storico che stiamo attraversando assistiamo a una sempre più pervasiva escalation militare, che coinvolge ogni aspetto delle nostre vite. Vediamo i nostri governi dirottare progressivamente le risorse economiche, materiali e culturali su ambiti di produzione e investimento bellico; aumenta l’occupazione dei territori civili e naturalistici per le esercitazioni militari; si intensifica l’invio delle armi verso le zone di conflitto in tutto il mondo e con esso anche il riarmo generalizzato. In questo contesto, molti territori italiani, compreso il nostro, stanno diventando piattaforme di guerra attraverso la costruzione di basi e infrastrutture militari, portandoci sul crinale di una terza guerra mondiale. Da più di un anno, proprio nel territorio pisano, è stato scoperto un progetto per la costruzione di una nuova base militare, che si inserisce in una zona già ampiamente militarizzata e che contribuisce a questa escalation attraverso il transito e l’invio di armi, l’addestramento di forze speciali e la proiezione dell’Italia negli scenari di guerra in corso e in quelli che verranno.
In questo contesto, anche i luoghi della formazione sono investiti dalla tendenza generale alla guerra: da anni si moltiplicano nelle scuole iniziative volte a normalizzare l’uso internazionale della forza, introducendo elementi di ideologia bellicista nel processo formativo e incoraggiando l’arruolamento delle giovani generazioni.
Crediamo che l’Università di Pisa possa e debba esprimere principi e valori alternativi rispetto all’attuale tendenza militarista. L’istituzione dei corsi di laurea in Scienze per la Pace, la presenza del Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, l’adesione alla Rete delle Università per la Pace indicano la volontà e la possibilità di promuovere saperi critici e incompatibili con un orizzonte di guerra. Crediamo sia importante valorizzare ancora di più il ruolo dell’Università come istituzione civile e culturale, promotrice di pace e giustizia. Ciò significa, innanzitutto, facilitare la costruzione di spazi di discussione e cooperazione contro l’escalation militare in corso, mettere a disposizione i propri spazi per permettere l’incontro di studenti, società civile, associazioni, movimenti e aprire un dialogo con la cittadinanza, a sostegno di un percorso di mobilitazione per la pace.
Questa può essere un’occasione per discutere il ruolo delle istituzioni universitarie in relazione all’industria bellica, la non neutralità della ricerca, del trasferimento tecnologico e dei saperi tra i settori civili e militari, che possa portare anche a revocare gli accordi che l’Università di Pisa ha con aziende produttrici di armi e legate alla filiera bellica quali Leonardo SpA, MBDA Italia SpA, Beretta SpA, HPE Coxa e altre. In questo quadro, l’Università può dare un contributo importante nel mettere radicalmente in discussione l’idea che la guerra sia un fatto ineludibile e permanente nelle nostre vite.
L’Università di Pisa, come istituzione votata alla ricerca e alla conoscenza, può dare un contributo concreto a democratizzare il governo del territorio di cui fa parte, favorendo la decisionalità della cittadinanza e di tutte le persone che lo abitano rispetto alle politiche di guerra che vengono imposte alla società, in cui si inserisce anche la costruzione della nuova base militare.
Fondamentali decisioni collettive, che riguardano l’impiego delle risorse economiche, devono essere oggetto di discussione pubblica: è il caso dei 190 milioni sottratti dal fondo di Coesione e Sviluppo per il progetto della nuova base militare, che dovrebbe ospitare il Gruppo di Intervento Speciale e il 1º reggimento paracadutisti “Tuscania”. Il problema è di scala europea: è recente la decisione dell’Europarlamento di dirottare i fondi del PNRR verso le crescenti spese militari. Mentre aumenta la spesa in armamenti, assistiamo a un progressivo definanziamento del mondo dell’istruzione, con le università che avrebbero bisogno di nuovi investimenti per la ricerca pubblica, per l’accessibilità e il diritto allo studio, per la promozione di saperi critici e rivolti allo sviluppo civile della società e dell’essere umano in un contesto di pace.
Abbiamo deciso, in un’assemblea pubblica, di organizzare un campeggio nei giorni 13-16 luglio dal nome “Fermare l’escalation” in cui concretizzare una prospettiva di cooperazione, dialogo e mobilitazione per la pace e per la demilitarizzazione della società, a partire da un confronto nazionale con persone e realtà associative e politiche provenienti da tutta Italia. Riteniamo che la località “Tre Pini”, a San Piero a Grado, di proprietà dell’Università di Pisa, rappresenti simbolicamente l’area ideale dove svolgere questo campeggio: posta proprio all’interno del Parco Naturale di San Rossore, tra i campi in uso dal Dipartimento di Agraria e le aree già fortemente militarizzate del CISAM e di Camp Darby. Un’area che è stata, per anni, luogo di incontro e di scambio di realtà associative, come i gruppi scout, che hanno visto progressivamente restringere il loro spazio di agibilità.
Per questo chiediamo pubblicamente all’Università di Pisa, nello spirito di promozione dei valori democratici e di una cultura di pace, di facilitare il confronto e il dialogo collettivo nel territorio pisano contro l’escalation, mettendoa disposizione i propri terreni per lo svolgimento del campeggio.
Pisa ha la possibilità di essere centrale nel processo di costruzione di una pace autentica, non retorica, che parta dai territori e dall’autodeterminazione di chi li abita. Allo stesso modo, riteniamo sia una responsabilità collettiva contribuire attivamente alla demilitarizzazione dei nostri territori, dell’economia e della cultura, e sostenere la promozione dei percorsi di attivazione che si stanno costruendo, a livello locale e nazionale, per fermare l’escalation bellica.